VentiTre


SUC@Seminario Prof. A. Saggio by filippo81
marzo 23, 2009, 12:01 am
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Una versione parecchio provvisoria dell’elaborato finale x il seminario del Prof. A. Saggio dal titolo:

La rivoluzione informatica in architettura

La visione di città del XXI secolo come cosmopoli globale è un assunto ormai condiviso e metabolizzato dalle più significative “vivisezioni teoretiche” contemporanee. Al pari dell’effetto serra o del mercato unico la città è il riflesso della nostra globale condizione umana. È la Città Generica descritta da Rem Koolhaas e, pariteticamente, la Nuova Babilonia di Sanford Kwinter.
La recente “bancarotta” di movimenti intellettuali quali ad esempio il postmodernismo, teorizzata appunto da Kwinter, ha si aperto “una nuova finestra da cui poter cogliere una nuova percezione” ma, a mio modo di vedere, vogliamo ancora mantenere gli scuri ben serrati. Questa reticenza trae forza da due condizioni peculiari dei nostri giorni: la sostanziale inadeguatezza degli strumenti di lettura della città contemporanea e la conseguente idiosincrasia nei confronti della realtà socioculturale underground endemica urbana.

La realtà architettonica contemporanea, come affetta da una singolare schizofrenia, è si conscia che la città del nuovo millennio è un “meraviglioso organismo integrato metabolizzante” ma paradossalmente tenta invano di imbrigliarla nell’asetticità del foglio (zone, reti, confini, colori, ecc.), relegando la rivoluzione tecnologica a semplice mezzo ed azzerandone il potenziale fine intrinseco. È evidente che in questo processo la partecipazione diretta ne esce “frammentata, impacchettata e passiva” . Costretta da queste condizioni al contorno l’architettura non potrà quindi avvalersi del bagaglio di risorse innovative messe in scena, sul palco dell’urbano. Un caso significato che può essere indagato è l’insieme di fenomeni socio-culturali di interazione underground. Il “fast, cheap and out of control” descritto dagli scenziati del Santa Fe Institute for the Study of Complexity vive reinventandosi nei percorsi del traceur o nelle istallazioni temporanee della streetart. Più o meno consciamente, questi movimenti, figli dell’interazione virtuale e della rilettura critica dello spazio urbano, azzerano quegli assunti teorici dell’architettura scritta come il non luogo o la pianificazione. Sono prodotti auto-generatisi nelle viscere della città contemporanea: non sono lo specchio socio culturale della città generica ma sono, in ultima istanza, l’incarnazione stessa dell’urbano nel nuovo millennio. In loro convivono tutti quei valori che la teoria architettonica ha evidenziato negli ultimi anni: imprevedibilità, autogenesi, mixité, interazione. Eppure, agli occhi dell’istituzione, permangono in una condizione d’ombra: sono “street renegades” .

È necessario quindi indagare l’interazione tra urbanità ed uomo attraverso una nuova ottica che rivoluzioni i ruoli: una lettura poligenetica che affondi le sue radici non nell’ “uomo” come costrutto mentale, ma bensì negli “uomini” come fisicità e quindi nel corpo. Come testimoniato dai fenomeni culturali street già descritti, ritengo sia opportuno spostare la nostra attenzione su nuovi aggettivi: temporaneo, flessibile, imprevedibile, polifunzionale, indeterminato, interattivo. È evidente che in questa indagine sarà necessario ridefinire quel bagaglio di strumenti interpretativi della città che possano realmente supportare la lettura caratteristica sopra citata. A tal riguardo è opportuno ribadire che esistono esperienze a cui riferirsi sia nell’ambito proprio dell’architettura sia in ambiti indiretti (come l’esperienza di lettura dinamica dello spazio “ Urban studies/jogging ” del giornalista Micheal Wilson) .

P.S.: ringrazio i colleghi Antonino, Francesca e Luca con i quali ho condiviso questa esperienza. Suc fa parte del nostro elaborato “Body based modelling system: retooling urban space” , Giugno 2008
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